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Un diario di cose celesti

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LBV 1806-20, la stella più massiccia e luminosa della Via Lattea (forse)

29 Jun 2010 10:42 AM – Michele Diodati

Un team di astronomi facente capo all’Università della Florida potrebbe aver scoperto la stella più brillante mai osservata finora, un colosso fiammeggiante fino a sette volte più brillante dell’attuale detentrice del record.

Benché sia almeno cinque milioni di volte più luminosa del Sole, non ci si aspetti però di scorgere questa stella nel cielo notturno. Nubi di polvere bloccano completamente la sua luce visibile nella nostra direzione (secondo i calcoli degli astronomi, apparirebbe come una stella di 35ª magnitudine, se i telescopi ottici potessero raggiungere una simile sensibilità, inarrivabile anche per il telescopio spaziale Hubble). Questa brillante stella situata dall’altro lato della nostra galassia, lontana circa 45.000 anni luce da noi, può essere osservata solo con telescopi a infrarossi, a lunghezze d'onda tali da penetrare le coltri di polveri che la separano dal nostro distante punto di osservazione.

Secondo le stime più prudenti, LBV 1806-20, questo il nome della stella, ha una luminosità pari ad almeno cinque milioni di volte quella del Sole: simile, cioè, a quella dell'attuale detentrice del record di luminosità, la famosa Pistol Star, così chiamata per la nebulosa a forma di pistola che la circonda. Ma, secondo altre stime meno conservatrici, LBV 1806-20 potrebbe emettere addirittura fino a quaranta milioni di volte più luce del Sole.

Rappresentazione artistica di LBV 1806-20, in cui sono messe in evidenza le proporzioni gigantesche della stella in rapporto a quelle del Sole. Cortesia: Meghan Kennedy/University of Florida

Rappresentazione artistica di LBV 1806-20, in cui sono messe in evidenza le proporzioni gigantesche della stella in rapporto a quelle del Sole. Cortesia: Meghan Kennedy/University of Florida

«Pensiamo di aver trovato quella che potrebbe essere la stella più massiccia e più luminosa che sia mai stata scoperta», ha dichiarato Steve Eikenberry, professore di astronomia presso l’Università della Florida e primo autore dello studio che descrive la scoperta, pubblicato il 20 novembre 2004 su The Astrophysical Journal.

Un problema di vecchia data, che sorge quando si misura la luminosità di stelle poste a grandi distanze, è che ciò che sembra essere sulle prime una stella straordinariamente brillante si rivela essere, a un’osservazione più accurata, un ammasso di stelle vicine.

Don Figer, astronomo presso lo Space Telescope Science Institute con sede a Baltimora, a capo del team che scoprì la Stella Pistola nel 1997, ritiene che i dati di alta qualità raccolti dal gruppo guidato dall’Università della Florida hanno ridotto ma non eliminato questa possibilità.

Secondo Figer, «i dati ad alta risoluzione provano che l’oggetto non è semplicemente un ammasso di stelle di piccola massa, ma rimane possibile che si tratti di un insieme di poche stelle avvinte l’una all’altra da orbite molto strette. Ulteriori studi sono necessari per determinare la distanza e la singolarità dell’oggetto, al fine di stabilire se si tratta effettivamente della stella più massiccia finora scoperta».

LBV 1806-20 ripresa nell'infrarosso con una tecnologia chiamata <i>speckle imaging</i>, che consente di raggiungere risoluzioni elevatissime con brevissimi tempi di esposizione, in modo da ridurre al minimo le distorsioni provocate dai moti dell'atmosfera terrestre. L'immagine qui riprodotta, utilizzata insieme ad altre per dimostrare che LBV 1806-20 non è un ammasso stellare ma una stella singola o al massimo un sistema binario, è stata acquisita nell'infrarosso a 2,2 micron con il telescopio da 5 metri dell'osservatorio californiano di Monte Palomar il 30 giugno 1999. La risoluzione è di 0,036 arcosecondi per pixel, il campo osservato di 4,6 arcosecondi per lato. LBV 1806-20 ha in questa banda una magnitudine di 8,89, mentre è praticamente invisibile nelle frequenze ottiche. Cortesia: S. S. Eikenberry et al. 2004 ApJ 616 506 doi:10.1086/422180

LBV 1806-20 ripresa nell'infrarosso con una tecnologia chiamata <i>speckle imaging</i>, che consente di raggiungere risoluzioni elevatissime con brevissimi tempi di esposizione, in modo da ridurre al minimo le distorsioni provocate dai moti dell'atmosfera terrestre. L'immagine qui riprodotta, utilizzata insieme ad altre per dimostrare che LBV 1806-20 non è un ammasso stellare ma una stella singola o al massimo un sistema binario, è stata acquisita nell'infrarosso a 2,2 micron con il telescopio da 5 metri dell'osservatorio californiano di Monte Palomar il 30 giugno 1999. La risoluzione è di 0,036 arcosecondi per pixel, il campo osservato di 4,6 arcosecondi per lato. LBV 1806-20 ha in questa banda una magnitudine di 8,89, mentre è praticamente invisibile nelle frequenze ottiche. Cortesia: S. S. Eikenberry et al. 2004 ApJ 616 506 doi:10.1086/422180

LBV 1806-20 è nota agli astronomi sin dagli anni '90. Mostra le caratteristiche di una variabile luminosa blu (luminous blue variable, da cui LBV), un tipo di stella piuttosto raro, caratterizzato da grande massa e vita breve. Tali stelle derivano il nome dalla propensione a mostrare variazioni di luce e di colore nello spettro infrarosso. Poiché LBV 1806-20 non ha ancora mostrato simili variazioni, è per ora classificata come una candidata LBV.

Le variabili luminose blu sono stelle estremamente luminose e massicce e LBV 1806-20 non fa eccezione. Stella singola o sistema binario che sia, ha una massa probabilmente superiore a 190 masse solari e un'età stimata in meno di due milioni di anni. Per usare le parole di Eikenberry, le LBV hanno «vite brevi e tormentate», perché «più massa possiedi, più combustibile nucleare hai, più velocemente lo bruci. Cominciano a soffiar via se stesse un pezzo alla volta». Per confronto, il Sole ha circa cinque miliardi di anni e una prospettiva di vita di dieci miliardi di anni.

Uno dei misteri di LBV 1806-20 è come sia potuta diventare così grande. Le attuali teorie sulla formazione stellare suggeriscono un limite di 120 masse solari, oltre il quale il calore e la pressione sviluppati dal nucleo stellare diventano così forti da strappar via la materia dalla superficie stellare. Eikenberry ritiene che LBV 1806-20 sia diventata così massiccia in seguito a un processo di formazione indotto da uno shock. L’esplosione di una supernova avrebbe spinto e schiacciato il materiale gassoso di una nube molecolare, fino a comprimerlo in un singolo punto, inducendo così la formazione di una stella (o di una coppia binaria) gigantesca.

LBV 1806-20 non è peculiare solo per la massa e la luminosità, ma anche per le compagne che le fanno corona. La stella si trova in un piccolo ammasso composto da oggetti del tutto inusuali ed estremamente rari, tra cui alcune supergiganti blu e una cosiddetta “soft gamma ray repeater”: una stella di neutroni insolitamente magnetica, una delle sole quattro finora identificate in un’intera galassia contenente più di 100 miliardi di stelle. Con un campo magnetico centinaia di migliaia di miliardi di volte più potente di quello della Terra, questo tipo di stella trae il suo nome dalle periodiche esplosioni di raggi gamma. L’ammasso include apparentemente anche una stella neonata o comunque di recente formazione.

È, insomma, un gruppo molto particolare, come spiega Eikenberry: «Ci ritroviamo questo zoo di stelle bizzarre, tutte stipate insieme, realmente vicine tra loro, e fanno tutte parte del medesimo ammasso. Si tratta di qualcosa di davvero insolito».

La presenza di una stella neonata, di una variabile luminosa blu e di una soft gamma ray repeater (un oggetto compatto che rappresenta lo stadio finale dell'evoluzione di un certo tipo di stelle) sono vividi esempi di un importante fattore emergente dell’evoluzione stellare: non tutte le stelle di un medesimo ammasso si formano contemporaneamente.

LBV 1806-20, indicata con la lettera A, fa parte dell’ammasso stellare 1806-20 che include altre stelle estremamente massicce: ipergiganti blu come C e D, stelle di Wolf-Rayet come B e la magnetar SGR 1806-20. Gli oggetti blu nell’immagine sono stelle in primo piano, relativamente più vicine rispetto a quelle dell’ammasso. Cortesia: S. S. Eikenberry et al. 2004 ApJ 616 506 doi:10.1086/422180

LBV 1806-20, indicata con la lettera A, fa parte dell’ammasso stellare 1806-20 che include altre stelle estremamente massicce: ipergiganti blu come C e D, stelle di Wolf-Rayet come B e la magnetar SGR 1806-20. Gli oggetti blu nell’immagine sono stelle in primo piano, relativamente più vicine rispetto a quelle dell’ammasso. Cortesia: S. S. Eikenberry et al. 2004 ApJ 616 506 doi:10.1086/422180

La posizione di LBV 1806-20 e di SGR 1806-20 all’interno della nebulosa radio G10.0-0.3. Cortesia: A&A 419, 191-201 (2004) DOI: 10.1051/0004-6361:20034054

La posizione di LBV 1806-20 e di SGR 1806-20 all’interno della nebulosa radio G10.0-0.3. Cortesia: A&A 419, 191-201 (2004) DOI: 10.1051/0004-6361:20034054

Come attestato in uno studio pubblicato nel 2004 su Astronomy & Astrophysics, la nebulosa osservata nelle onde radio G10.0-0.3, all'interno della quale si trova LBV 1806-20, è associata con il vento stellare di quest'ultima e non con SGR 1806-20. E non è il residuo di una supernova.

La soft gamma repeater SGR 1806-20 è separata da LBV 1806-20 da una distanza angolare di 12 secondi e, in base all’analisi di vari parametri, si può concludere che fa parte del medesimo ammasso di LBV 1806-20, la cui distanza da noi, secondo i calcoli presentati nello studio, è di 15,1 kpc (circa 49.000 anni luce). Un’interessante conseguenza è che tutte le stelle massicce contenute nell’ammasso si trovano ancora nei pressi della nube molecolare che le ha generate (MC 13A). Ciò non è sorprendente, se si considera la breve durata della vita di simili stelle e la presunzione che, data la loro massa, costituiscano una popolazione cinematicamente “fredda”. Degno di nota è il fatto che tutte le soft gamma repeater di cui è nota con esattezza la posizione siano associate con grandi nubi molecolari (GMC, da Giant Molecolar Cloud) e/o con stelle di grande massa. È probabile dunque che vi sia una stretta connessione tra le stelle massicce e la formazione di SGR, per il tramite di nubi molecolari giganti.

Il diagramma mostra la progressione di nubi molecolari interposte, a varie distanze, tra il sistema solare e l’ammasso di cui fanno parte LBV 1806-20 e SGR 1806-20. Ciò spiega come sia possibile che una stella straordinariamente brillante come LBV 1806-20 possa essere vista soltanto nell’infrarosso: l’estinzione dovuta alle nubi interposte è stimata in 29 ± 2 magnitudini. Cortesia: A&A 419, 191-201 (2004) DOI: 10.1051/0004-6361:20034054

Il diagramma mostra la progressione di nubi molecolari interposte, a varie distanze, tra il sistema solare e l’ammasso di cui fanno parte LBV 1806-20 e SGR 1806-20. Ciò spiega come sia possibile che una stella straordinariamente brillante come LBV 1806-20 possa essere vista soltanto nell’infrarosso: l’estinzione dovuta alle nubi interposte è stimata in 29 ± 2 magnitudini. Cortesia: A&A 419, 191-201 (2004) DOI: 10.1051/0004-6361:20034054

Riferimenti

Tag: articoli, LBV 1806-20, stelle supermassicce, LBV, infrarosso, SGR 1860-20, magnetar

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