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Un diario di cose celesti

Chi siamo? Perché?

Meraviglie del cielo fotografate da Hubble, risuscitato a nuova vita, più potente che mai

10 Sep 2009 10:51 PM – Michele Diodati

Dopo la cruciale missione di servizio numero 4, portata a termine con pieno successo dallo space shuttle Atlantis lo scorso maggio, il telescopio spaziale Hubble è stato sottoposto a tre mesi di complessa e attenta calibrazione, per portare alla piena operatività i nuovi strumenti installati e i vecchi riportati a nuova vita.

Era piuttosto acciaccato Hubble, prima di questo necessario intervento di recupero. Alcuni strumenti scientifici non funzionavano più ed erano rimasti solo tre canali strumentali attivi. Dopo la missione dello shuttle Atlantis e la successiva calibrazione, Hubble dispone ora di 13 canali di ricerca attivi ed è pronto a un nuovo decennio di scoperte astronomiche, potendo contare su una potenza di visione, a tutte le lunghezze d’onda, ben maggiore di quella disponibile in precedenza.

Strumenti di bordo nuovi di zecca sono la Wide Field Camera 3 (WFC3), che sostituisce la meno performante WFC2, e il Cosmic Origins Spectrograph (COS), uno spettrografo ad altissime prestazioni. Sono poi stati riparati strumenti già presenti a bordo di Hubble: il Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS), la Advanced Camera for Surveys (ACS) e lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS).

Ecco di seguito i primi risultati della rigenerata potenza visiva di Hubble. Si tratta di immagini acquisite durante i tre mesi di calibrazione seguiti alla missione di maggio dello shuttle Atlantis. Guardandole, non posso fare a meno di pensare che il telescopio spaziale Hubble sia l’opera più straordinaria prodotta finora dall’ingegno umano: un sofisticatissimo meccanismo, in grado di generare allo stesso tempo conoscenza, bellezza e meraviglia.

La nebulosa planetaria NGC 6302, nota anche come Nebulosa Farfalla ("Butterfly Nebula"). Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

La nebulosa planetaria NGC 6302, nota anche come Nebulosa Farfalla ("Butterfly Nebula"). Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

Situata a circa 3800 anni luce dalla Terra nella costellazione dello Scorpione, NGC 6302 è stata fotografata da Hubble il 27 luglio 2009, usando la nuova WFC3 nello spettro dell’ultravioletto e della luce visibile. La nebulosa appartiene al tipo cosiddetto bipolare o a clessidra. È stata generata circa 2200 anni fa dall’espulsione violenta degli strati più esterni di una stella di grande massa, giunta alle fasi terminali della vita. La stella, che si trova alla congiunzione delle due “ali” della farfalla, è invisibile perché circondata da una spessa “ciambella” di polveri oscure che giace in posizione ortogonale rispetto alle ali. Queste ultime sono prodotte da gas caldissimi (circa 20.000 gradi), che viaggiano all’incredibile velocità di 950.000 chilometri l’ora. La temperatura superficiale della stella che ha originato la nebulosa è stimata in 220.000 gradi: si tratta perciò di una delle stelle più calde finora note.

Immagine di una regione centrale di Omega Centauri, acquisita dalla WFC3 di Hubble il 15 luglio 2009. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

Immagine di una regione centrale di Omega Centauri, acquisita dalla WFC3 di Hubble il 15 luglio 2009. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

L'ammasso globulare Omega Centauri si trova a circa 16.000 anni luce da noi. Con un'età stimata tra i 10 e i 12 miliardi di anni, ospita qualcosa come dieci milioni di stelle. Circa 100.000 sono quelle visibili nella piccola sezione dell'ammasso fotografata da Hubble. Si tratta di stelle stipate in uno spazio enormemente minore di quello che separa le stelle nella regione in cui si trova il sistema solare. Ogni stella di Omega Centauri è separata in media dalla stella più vicina da 1/3 di anno luce, una distanza 13 volte inferiore a quella che separa il Sole da Proxima Centauri. In un ambiente affollato come un ammasso globulare, è possibile che si verifichino collisioni tra stelle vicine. Proprio le collisioni stellari sono l’ipotesi al momento più convincente per spiegare il fenomeno delle cosiddette vagabonde blu ("blue stragglers"), stelle che appaiono più blu e più luminose, e perciò più giovani, della popolazione stellare di cui fanno parte.

Uno dei “pilastri” della caotica e spettacolare Nebulosa Carena (NGC 3372), a circa 7500 anni luce dalla Terra. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

Uno dei “pilastri” della caotica e spettacolare Nebulosa Carena (NGC 3372), a circa 7500 anni luce dalla Terra. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

La metà superiore dell’immagine ripresa dalla WFC3 di Hubble mostra l’estremità del "pilastro", fotografata nello spettro della luce visibile. La metà inferiore mostra lo stesso oggetto, visto nell’infrarosso. La prima immagine permette di cogliere l’impressionante struttura di polveri e gas, illuminata e scolpita dall’intenso vento stellare che proviene da alcune stelle giovani e massicce, posizionate esternamente all’area visibile. L’immagine nell’infrarosso mostra, invece, l’interno della colonna di polveri e gas, permeabile alla radiazione infrarossa. Possiamo così osservare i dettagli della struttura nascosta di questo oggetto e vedere una stella nascente, annidata al centro del pilastro, che espelle in direzioni opposte sbuffi di materiale ad altissima velocità (circa 1.300.000 km/h).

L'ammasso di galassie Abell 370 e l'effetto di lente gravitazionale creato dalla sua enorme massa. Cortesia: NASA, ESA, the Hubble SM4 ERO Team e ST-ECF

L'ammasso di galassie Abell 370 e l'effetto di lente gravitazionale creato dalla sua enorme massa. Cortesia: NASA, ESA, the Hubble SM4 ERO Team e ST-ECF

L’immagine di Abell 370, acquisita da Hubble il 16 luglio 2009 con l’appena riparata Advanced Camera for Surveys (ACS), mostra uno straordinario effetto di lente gravitazionale, creato dall’ammasso di galassie, distante dalla Terra qualcosa come 6 miliardi di anni luce. La massa dell'ammasso agisce come una lente spaziale, in grado di creare un vero e proprio miraggio. L’effetto appare nelle strutture ad arco che sembrano circondare le galassie visibili al centro. Tali strutture arcuate sono immagini deformate di galassie distanti almeno il doppio di Abell 370, poste quindi ai limiti dell’universo conoscibile. Senza l’effetto lente prodotto dall’ammasso di galassie, sito a metà strada tra noi e questi oggetti, non avremmo modo di vederli con tale chiarezza di dettagli.

Il Quintetto di Stephan. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

Il Quintetto di Stephan. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

Hubble ha qui ripreso il cosiddetto Quintetto di Stephan, un gruppo ottico di cinque galassie scoperto dall’astronomo Edouard M. Stephan nel 1877. Il quintetto è in realtà un’associazione di oggetti posti a distanze molto differenti dalla Terra. La galassia tendente al blu, in alto a sinistra, è molto più vicina delle altre. Si trova a circa 40 milioni di anni luce da noi, mentre le altre galassie distano intorno ai 300 milioni di anni luce. Le galassie più lontane del quintetto, in particolare le tre sulla destra e al centro, sono anche le più interessanti. Sono infatti attraversate da violente onde d’urto, generate da una collisione avvenuta alcuni milioni di anni fa, che ne ha in parte sconvolto la forma e ha prodotto successivamente numerose zone di formazione stellare.

La galassia attiva Markarian 817. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

La galassia attiva Markarian 817. Cortesia: NASA, ESA e the Hubble SM4 ERO Team

Markarian 817 è una galassia a spirale distante circa 430 milioni di anni luce, caratterizzata da un nucleo attivo, estremamente brillante, che ospita un mostruoso buco nero, la cui massa è stimata in circa 40 milioni di masse solari. Il buco nero sta alimentando l’espulsione violenta di enormi getti di materia all’esterno della galassia, a una velocità calcolata in 14 milioni di chilometri orari. Il nuovo spettrografo montato su Hubble, Cosmic Origins Spectrograph (COS), può essere usato per determinare nel modo più preciso la dinamica e la composizione chimica dei flussi espulsi dal centro della galassia.

Hubble ha ripreso una "cicatrice" su Giove, causata da un recente impatto. Cortesia: NASA, ESA, Michael Wong, H. B. Hammel e the Jupiter Impact Team

Hubble ha ripreso una "cicatrice" su Giove, causata da un recente impatto. Cortesia: NASA, ESA, Michael Wong, H. B. Hammel e the Jupiter Impact Team

Il 23 luglio scorso, il processo di calibrazione degli strumenti di Hubble è stato momentaneamente interrotto, per ottenere questa meravigliosa e dettagliatissima immagine di Giove. Lo scopo era di testimoniare con la potenza di Hubble gli effetti dell’impatto di un oggetto non identificato – un asteroide o una cometa – sulla superficie, o meglio sull’atmosfera, del pianeta gigante. L’esito dell’impatto era stato scoperto pochi giorni prima da un astronomo dilettante ed è chiaramente visibile nell’immagine di Hubble: si tratta della macchia nerastra allungata, visibile in basso a destra presso il polo Sud del pianeta. La macchia si estende per alcune migliaia di chilometri: possiamo soltanto immaginare la devastazione che avrebbe provocato sulla Terra l’impatto di un oggetto in grado di creare effetti di questa portata su un pianeta gigante come Giove.

Riferimenti

Tag: telescopio spaziale hubble, NGC 6302, omega centauri, ammassi globulari, NGC 3372, Abell 370, ammassi di galassie, Quintetto di Stephan, articoli, gallerie

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